AFERESI
Tecnica usata in campo trasfusionale per ottenere la separazione immediata dei vari componenti del sangue. Il principale vantaggio dell’afèresi, rispetto alle tradizionali donazioni di sangue, è che si preleva e si trasfonde solo il necessario, in quantità tali da poter ridurre la frequenza di trasfusioni. L’afèresi si esegue con una apparecchiatura, detta separatore, che centrifuga e filtra il sangue proveniente dal donatore, per ottenere dal plasma molecole purificate (emoderivati), piastrine, globuli bianchi, pronti per essere somministrati.

ALBUMINA
Proteina semplice, composta da carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e da una piccola percentuale di zolfo. L’albumina coagula con il calore, con gli acidi minerali, con alcol ed etere, ed è solubile in acqua e in soluzioni debolmente saline. Componente importante della nostra alimentazione, si trova nei tessuti animali come il bianco dell’uovo e i muscoli, nel latte e anche nel plasma sanguigno.

ALT
(alaninaminotransferasi o SGPT), enzima del gruppo delle transaminasi. L’ALT è presente soprattutto nel fegato, perciò è un indice più sensibile dell’analoga AST (aspartato-aminotransferasi) per la diagnosi di danno epatocitario.

ANEMIA
Questo termine, proveniente dal greco anaímia, “mancanza di sangue”, indica un’affezione del sangue caratterizzata dall’anomala riduzione del numero di globuli rossi (eritrociti) o del loro contenuto di emoglobina. Dal momento che gli eritrociti sono deputati al trasporto di ossigeno nelle varie parti del corpo, i soggetti anemici presentano sintomi causati da un’insufficiente ossigenazione dei tessuti. Le cause principali dell’anemia sono tre: 1) una ridotta produzione di eritrociti; 2) la distruzione di una quantità eccessiva di eritrociti; 3) un’eccessiva perdita di sangue.

Anemie da ridotta produzione di eritrociti
A questo gruppo appartengono le anemie carenziali, nelle quali il midollo osseo è perfettamente funzionante, ma non dispone dei costituenti fondamentali per la sintesi degli eritrociti o dell’emoglobina.
Il tipo più diffuso è l’anemia ferropriva o sideropenica, che si verifica quando aumenta il fabbisogno di ferro (fondamentale componente dell’emoglobina e necessario all’efficienza dei globuli rossi) da parte dell’organismo, come avviene in alcuni periodi dell’infanzia e nella gravidanza, o quando il ferro presente nella dieta è insufficiente.
L’anemia perniciosa, una grave forma cronica di anemia che colpisce soprattutto soggetti dopo i 40 anni, è provocata da un deficit di vitamina B12, spesso dovuto a problemi di assorbimento piuttosto che a deficit alimentari.
Un altro gruppo di anemie da ridotta produzione di globuli rossi è quello delle anemie aplastiche, nelle quali il midollo osseo è incapace di produrre eritrociti in misura adeguata perché sofferente per patologie acute (intossicazione da farmaci o da trattamenti antitumorali), croniche (malattie autoimmuni) o ereditarie (sindrome di Fanconi).

Anemie da aumentata distruzione di eritrociti
A questo gruppo appartengono tutte le anemie emolitiche, nelle quali il difetto è collegato a una debole costituzione dell’eritrocita: ciò si verifica o perché il globulo rosso contiene un’emoglobina patologica su base ereditaria (ad esempio, nell’anemia falcemica e nella talassemia), o perché la sua membrana è più debole della norma per deficit costituzionale di enzimi (ad esempio, nelle carenza ereditaria di glucosio-6-fosfato deidrogenasi G-6-PDH). Una particolare forma di anemia dovuta a quest’ultimo fattore è il favismo ittero-emorragico, diffuso specialmente in Sardegna, che causa gravissime crisi di anemia emolitica acuta se i portatori di questo difetto consumano fave o piselli.

ANEMIA FALCIFORME
Malattia ereditaria, detta anche anemia a cellule falciformi o anemia drepanocitica, in cui l’emoglobina, principale proteina di trasporto dell’ossigeno nel sangue, possiede una struttura anomala (emoglobina S). Tale condizione determina la carenza di ossigeno nel sangue, l’abbassamento del pH plasmatico, e la conseguente alterazione dei globuli rossi, che assumono la forma di una falce o di mezzaluna e ostruiscono la circolazione nei vasi di piccolo calibro (arteriole, venule, capillari sanguigni). Questa malattia è particolarmente frequente nelle popolazioni di razza nera, del Medio Oriente e del bacino del Mediterraneo.

Oggi si ritiene che le trasfusioni possano dare solo un temporaneo beneficio al paziente, e si considera essenziale individuare il fattore che è all’origine dell’anemia; le moderne capacità diagnostiche permettono quasi sempre di effettuare una diagnosi precisa della causa principale dell’anemia e di correggerla. Ad esempio, nel caso di anemie carenziali occorre intervenire introducendo nell’organismo la sostanza che a esso manca. Le trasfusioni sono ancora usate nei casi di gravi e rapide perdite di sangue in tutti i tipi di anemia.

ANTICORPO O IMMUNOGLOBULINA
Gli anticorpi o immunoglobuline costituiscono le migliaia di proteine diverse che vengono prodotte nel siero del sangue in seguito al riconoscimento degli antigeni da parte delle cellule del sistema immunitario.
Molecola proteica, prodotta da speciali cellule del sistema immunitario dell’organismo come risposta alla presenza di agenti esterni in esso penetrati, come virus, batteri, protozoi, funghi, cellule tumorali o di tessuti, che vengono riconosciuti come estranei per la presenza sulla loro superficie di molecole dette antigeni.

Immunizzazione
L’immunizzazione contro le malattie avviene attraverso l’assunzione degli specifici vaccini, in vena o, in qualche caso, per via orale. Per garantire un’immunizzazione duratura viene inoculata una dose non dannosa dei microrganismi responsabili della malattia, in modo da indurre la risposta dell’organismo, ossia la produzione degli specifici anticorpi. Si ottiene invece un effetto temporaneo somministrando direttamente gli anticorpi attivi.
Dopo essere stato a contatto con un dato antigene, l’organismo continua a produrre per un certo numero di giorni anticorpi specifici; dopo avere raggiunto un valore massimo, la produzione decresce e infine si arresta. In alcuni casi, l’organismo mantiene nel suo sangue alcuni anticorpi per quell’antigene: esso, cioè, resta immunizzato in modo permanente, il che si verifica, ad esempio, in alcune malattie come la varicella. La produzione di anticorpi nell’organismo può essere stimolata con l’inoculazione di vaccini.

ANTIGENE
Sostanza che, introdotta nell’organismo, è in grado di indurre la produzione di anticorpi e di reagire con essi. Gli antìgeni sono generalmente sostanze estranee all’organismo (batteri, virus, molecole presenti sui globuli rossi di altri individui, farmaci ecc.). È possibile però che anche costituenti propri dell’organismo funzionino da antìgeni (si parla di autoantigeni), con conseguente produzione di autoanticorpi, meccanismo che sta alla base di molte malattie autoimmuni.

APLASIA MIDOLLARE
Insufficienza funzionale grave del midollo osseo, che può riflettersi in una diminuzione globale di tutte le cellule del sangue, oppure in un danno più ristretto a carico di un singolo tipo di cellule (aplasìa midollare pura). L’aplasìa midollare colpisce indifferentemente maschi e femmine; solo nella metà dei casi può essere evidenziata una causa. Fra le cause note si ricordano: agenti infettivi (virus di Epstein-Barr), tossici (solventi), farmaci (cloramfenicolo), radiazioni ionizzanti. È descritta l’associazione con timoma. Nella forma classica, la malattia si caratterizza per un’anemia con globuli rossi di normali dimensioni e normale contenuto di emoglobina, e una riduzione spiccata delle piastrine. Frequenti sono le manifestazioni infettive conseguenti alla diminuzione dei globuli bianchi. Il midollo osseo appare notevolmente impoverito di cellule, che vengono sostituite da tessuto adiposo. Il danno principale dell’aplasìa midollare è legato all’insufficiente produzione dei vari elementi cellulari maturi.

 AST
(aspartatoaminotransferasi, o SGOT), enzima del gruppo delle transaminasi, presente nel fegato e in molti tessuti come il miocardio, il muscolo scheletrico, e nel sistema nervoso centrale: da questi tessuti si libera in seguito al danneggiamento delle cellule, passando nel sangue circolante. Il tasso dell’AST aumenta in due condizioni importanti: l’infarto del miocardio (in cui risulta aumentato per due o tre giorni), e le epatopatie con danno degli epatociti.

 DIABETE MELLITO
Malattia causata da un difetto del metabolismo dei carboidrati e caratterizzata da valori della quantità di zucchero nel sangue  e nelle urine eccessivi. Il diabete mellito colpisce all’incirca l’1-2% della popolazione. Può provocare danni a occhi, reni, cuore e arti, e costituire un fattore di rischio nel caso di una eventuale gravidanza. Un adeguato e tempestivo trattamento può, tuttavia, ridurre notevolmente queste complicanze.

DIALISI
Procedimento con cui si separano una o più sostanze disciolte in un liquido, utilizzando una membrana semipermeabile che permette il passaggio di tali sostanze in una sola direzione. In medicina la diàlisi viene usata per favorire l’eliminazione dell’urea e di altre scorie metaboliche contenute in eccesso nel sangue, quando questa funzione non è più svolta dal rene, perché gravemente malato o perché la sua azione è insufficiente (per esempio, in caso di avvelenamento).

EMATÒCRITO
Valore, espresso in percentuale, della porzione di sangue occupata dai globuli rossi. È un indice molto importante nella valutazione di un eventuale stato anemico, poiché in tal caso il valore dell’ematòcrito risulta diminuito. Al contrario, tale valore aumenta in tutte quelle situazioni nelle quali si ha esuberante produzione di globuli rossi e di emoconcentrazione, con conseguente riduzione della frazione plasmatica del sangue (policitemia).

EMOCROMO
L’esame emocromocitometrico, o emocromo, rappresenta un utile indice dello stato di salute o malattia dell’organismo. Un campione di sangue viene diluito automaticamente e, con un contatore elettronico o ottico, se ne contano le cellule.

EMODIALISI
Procedura di depurazione del sangue dalle sostanze tossiche che non vengono più eliminate normalmente mediante la filtrazione operata dal rene. Si basa sull’impiego di filtri dializzatori e di membrane semipermeabili che permettono il passaggio delle sostanze tossiche solo in una direzione, impedendo in tal modo il loro rientro nel sangue del paziente sottoposto al trattamento. L’apparecchiatura impiegata prende il nome di rene artificiale.

EMOFILIA
Malattia ereditaria caratterizzata da un difetto di coagulazione del sangue, dovuto al deficit di alcune proteine, chiamate fattori di coagulazione. Si manifesta con emorragia, anche in caso di lesioni di lieve entità. In circa l’80% dei casi di emofilia si rileva una storia familiare identificabile della malattia, mentre negli altri casi essa può essere attribuita a una mutazione spontanea dei geni. La mutazione è portata da un gene recessivo legato al sesso, che si trova sul cromosoma X. Vi è una probabilità su due che i figli maschi di un uomo sano e di una donna portatrice siano emofilici, e che le figlie femmine siano portatrici. Dei figli di un uomo emofilico e di una donna non portatrice, tutte le femmine saranno portatrici e tutti i maschi sani. I maschi non possono trasmettere la malattia e le portatrici sane non la possono sviluppare. Un caso famoso di trasmissione dell’emofilia è quello della regina Vittoria, le cui figlie portarono la malattia nelle case reali spagnola e russa.
Nei pazienti emofilici è importante prevenire i traumi. In caso di sanguinamento può rendersi necessaria la terapia sostitutiva, con somministrazione di fattore VIII e IX o di plasma.

EMOGLOBINA
Proteina del sangue, responsabile del trasporto dei gas respiratori all’interno dell’organismo. È presente in quasi tutti gli animali, tranne nei più primitivi. Chimicamente è costituita da una parte proteica e da quattro gruppi prostetici, chiamati eme, a ciascuno dei quali è coordinato un atomo di ferro. L’emoglobina viene prodotta e conservata all’interno dei globuli rossi, e costituisce circa il 35% del loro peso.
Per assicurare un sufficiente rifornimento di ossigeno nei vari distretti dell’organismo, i globuli rossi devono produrre una quantità adeguata di emoglobina e ciò dipende dalla concentrazione di ferro presente all’interno del corpo. Il ferro viene assunto per via alimentare e continuamente riciclato. La carenza di emoglobina dovuta a una mancanza di ferro causa uno stato di anemia.

EMOTECA
Sezione ospedaliera o ambulatoriale in cui viene raccolto, controllato e conservato il sangue da utilizzare per eventuali trasfusioni

EPATITE
È una malattia che provoca l’infiammazione del fegato e la distruzione delle sue cellule e perciò l’organismo non è più in grado di eliminare la bilirubina che accumulandosi nel sangue provoca ittero. Il termine epatite virale indica una serie di patologie epatiche provocate da virus differenti, che hanno strutture diverse. È una delle malattie più diffuse al mondo, a cominciare dall’Italia dove esistono un milione di portatori cronici di virus B e un milione e mezzo di virus C, oltre ai casi di infezione acuta non quantificabili.

Esistono diverse forme di epatite:
– Acuta. Si risolve in pochi mesi ed è in processo infiammatorio legato all’ingresso del virus nel fegato. A guarigione avvenuta il paziente ha una sorta di immunità, ossia una resistenza completa dell’organismo ad altre infezioni;
– Cronica. Interessa i virus B,C,D, e dura oltre sei mesi e nel 20 % dei casi si trasforma, dopo 10 o 30 anni, in cirrosi.
– Fulminante.. È una forma rara e molto pericolosa legata ai virus A,B,D,E, probabilmente causata da una risposta eccessiva dell’organismo al virus che richiede molto spesso il trapianto del fegato.

Ci sono due tipi di malati:
– Il portatore sano. Non ha malattia nel fegato ma è infetto e può trasmettere l’infezione
– Il portatore malato. Ha le transaminasi sempre alte e per capire se l’infezione sta portando a una malattia seria è necessario che il suo fegato venga esaminato con una biopsia.

EPATITE A (HAV)
Viene trasmessa per via feco-orale tramite cibo e acqua contaminata, frutti di mare contaminati mangiati crudi e verdure crude mal lavate, oppure si contrae viaggiando in nazioni ad elevata circolazione del virus per carenza di norme igieniche.

SINTOMI: si può non avere sintomi ma può avere disturbi quali affaticamento, vomito, dolore nell’area del fegato, urine scure, feci chiare, febbre.
DECORSO: genera una forma benigna di epatite che non cronicizza mai; il periodo di incubazione dura dai 15 ai 60 giorni e il virus viene eliminato con le feci. Si guarisce al massimo in sei mesi sviluppando gli anticorpi.

EPATITE B (HBV)
È il virus più diffuso al mondo (2 miliardi siano infetti e 300 milioni portatori cronici). È trasmissibile attraverso il sangue infetto e altrui fluidi corporei come il liquido seminale, le secrezioni vaginali, le lacrime, la saliva, lo scambio di siringhe., l’uso di apparecchiature e strumenti sanitari non sterili, di forbicine, di aghi, di limette per unghie, oggetti appuntiti infetti, i morsi , l’uso di spazzoloni da denti di persone malate, i tatuaggi e i piercing. Le trasmissioni con le trasfusioni di sangue ed emoderivati sono scomparse grazie ai rigidi sistemi di controllo sul sangue donato.

SINTOMI: non degenera in cirrosi . L’epatite B è asintomatica. Se è una forma acuta grave si ha l’ittero.
DECORSO: si risolve da sola nel 98% dei casi, se è cronica, invece, necessita di terapie mirate.

EPATITE C (HCV)
È il più subdolo dei virus perché nell’80% dei casi evolve verso la malattia cronica che a sua volta può degenerare in cirrosi nel 20 / 30% dei casi.Viene trasmesso attraverso il sangue e dunque con scambio di siringhe infette, uso di rasoi, forbici, aghi a contatto con pazienti infetti, applicazioni di orecchini, tatuaggi, uso di strumenti chirurgici non sterilizzati, mai con i rapporti sessuali non protetti. Sono risultate positive persone che hanno malattie della pelle e delle mucose, delle ghiandole salivari o lacrimali, forse perché il virus è presente anche nei linfociti, fondamentali per le difese dell’organismo.

SINTOMI: Non dà sintomi particolari se non una certa stanchezza.
DECORSO: ha un periodo di incubazione tra i 15 e i 60 giorni.

EPATITE D (HDV)
Colpisce i pazienti già infetti dall’epatite B. se la carica virale è molto alta può portare necrosi epatica fulminante o malattia cronica, alterazioni metaboliche, incapacità el sangue a coagulare. I fattori di rischio sono la tossicodipendenza per endovena e la convivenza con portatori di virus B.

DECORSO: ha un periodo di incubazione di 4 / 7 settimane.

EPATITE E (HEV)
Si trasmette per via oro-fecale bevendo acqua infetta e cibo contaminato.

SINTOMI: molto vaghi (affaticamento, nausea, vomito). Il virus è pericoloso in gravidanza e può essere trasmesso al bambino.
DECORSO: la guarigione avviene in sei mesi.

LEUCEMIA
Termine generico con cui si indica un gruppo di malattie caratterizzate dalla proliferazione anomala dei globuli bianchi, conseguente alla trasformazione di questi in cellule tumorali. Le cellule leucemiche proliferano nel midollo osseo, nella milza e nei linfonodi; una volta raggiunto l’apparato circolatorio, invadono altri organi che, in condizioni normali, non sono coinvolti nei processi ematopoietici, ossia nella produzione di elementi del sangue.
Fattori ereditari Possono rendere certe persone più predisposte. Aumentano, per esempio, le probabilità che il gemello di un leucemico si ammali.
Anomalie congenite Alcune anomalie non ereditarie come la Sindrome di Down sono associate ad un più alto rischio di leucemia.
Raggi X Possono aumentare in alcuni casi la suscettibilità alla leucemia. Lo stesso dicasi per altre forme di radiazioni, come possono confermare gli esiti tragici della bomba atomica in Giappone e del disastro di Chernobil.
Virus Si tratta in particolare di virus erpetici e di retrovirus. Sono sospettati poiché correlati a certi tipi di leucemie negli animali e perché possono causare mutazioni genetiche.
Irritanti chimici La presenza di sostanze inquinanti nell’aria, per esempio il benzene, altri idrocarburi e i pesticidi, appaiono oggi una causa determinante dell’aumento dei casi di leucemia

LINFONODO
Detto anche ghiandola linfatica, è un piccolo organo che costituisce l’unità anatomico-funzionale del sistema linfatico. Di forma grossolanamente tondeggiante, è posto lungo i vasi linfatici. I linfonodi possono essere di varie dimensioni, e trovarsi isolati o a gruppi, formando le cosiddette stazioni linfonodali. Le principali stazioni sono la cervicale, l’ascellare e l’inguinale.
I linfonodi producono i linfociti e i monociti; inoltre, agiscono da filtro contro gli agenti nocivi, evitandone l’ingresso nel sangue. Per questo motivo, nel corso di una infezione, sia di natura batterica sia virale, essi si ingrossano. Possono anche diventare la sede in cui si localizzano aggregati di cellule tumorali.

MALATTIE CROMOSOMICHE
Anziché colpire un singolo gene, alcune alterazioni genetiche si estendono sull’intero cromosoma o su un segmento di esso. Le malattie cromosomiche possono essere dovute a duplicazione, perdita, rottura o riposizionamento del materiale cromosomico; un esempio è la sindrome di Down, determinata dalla presenza di tre copie del cromosoma 21. Complessivamente le malattie cromosomiche colpiscono circa 7 bambini su 1000 e provocano circa la metà di tutti gli aborti spontanei che si verificano nei primi tre mesi di gravidanza.

MCH
Sigla di Mean Corpuscolar Hemoglobin, indicante il contenuto emoglobinico corpuscolare medio, cioè la quantità media di emoglobina contenuta all’interno di un globulo rosso.

MCV
Sigla di Mean Corpuscolar Volume, che indica il volume corpuscolare medio dei globuli rossi.

MONOCITO-MACROFAGO
Cellula del sistema immunitario (leucociti) dal nucleo reniforme e di grandi dimensioni (12-20 mm).

NEUTRÒFILI, GRANULOCITI
. Costituiscono circa il 70% dei leucociti circolanti. La loro vita media nel circolo ematico è molto breve, non più di 6 ore, e devono essere continuamente riformati nel midollo osseo da cui prendono origine

EOSINÒFILO, GRANULOCITO
I granulociti eosinòfili hanno origine nel midollo e la loro vita media è di poche ore nel sangue circolante, di alcuni giorni nei tessuti. I granulociti eosinòfili rappresentano soltanto una piccola percentuale dei globuli bianchi nel sangue circolante (1-5%).

PROTEINE
I tre tipi di proteine del sistema immunitario, presenti in soluzione nel siero (la porzione liquida del sangue), sono le immunoglobuline, le citochine e le proteine del complemento. Le immunoglobuline o anticorpi sono presenti nell’organismo in migliaia di tipi diversi, ciascuno dei quali si combina esattamente con un tipo specifico di antigene, favorendone l’eliminazione. L’enorme diversità e la grande capacità di riconoscimento caratterizzano il sistema immunitario nel suo complesso.
Le citochine sono composti solubili, responsabili in larga parte della regolazione della risposta immunitaria. Le citochine secrete dai linfociti vengono dette linfochine, mentre quelle secrete dai monociti vengono dette monochine. Alcune citochine amplificano o rafforzano una risposta immunitaria in atto, altre istruiscono le cellule a proliferare e altre ancora possono sopprimere una risposta in corso. Quest’azione di regolazione è utile in quanto, come molti altri sistemi dell’organismo, il sistema immunitario deve essere regolato in modo da essere attivo quando occorre, ma non patologicamente iperattivo.

REAZIONI OMEOSTATICHE
Alcune caratteristiche del sangue devono essere mantenute entro limiti rigidi, da processi regolati con precisione. Ad esempio, se il pH scende da 7,4 (valore normale) a 7,0 (valore dell’acqua pura), l’individuo cade nello stato di coma da acidosi, che può essere mortale. Se, invece, il pH supera 7,5 (valore di una soluzione contenente una parte di soda caustica in 50 milioni di parti di acqua), sopravviene uno stato di tetano da alcalosi (contrazione spasmodica della muscolatura) che può portare alla morte per soffocamento. Analogamente, un calo della glicemia (concentrazione del glucosio nel sangue), che solitamente si aggira intorno allo 0,1%, a meno dello 0,05% provoca convulsioni. Una glicemia alta prolungata, accompagnata da numerose alterazioni metaboliche importanti, provoca spesso il coma diabetico. Normalmente la temperatura del sangue non si discosta di più di 0,3 °C dal suo valore normale medio di 37 °C. Un aumento della temperatura del sangue superiore ai 3 °C può risultare addirittura mortale.

RISPOSTA IMMUNITARIA
In una situazione tipica, se un agente patogeno come un batterio supera la prima linea di difesa dell’organismo (ad esempio, la pelle) può incontrare prima i granulociti e i monociti e venire poi parzialmente neutralizzato dagli anticorpi preformati e dalle proteine del complemento. Quindi i linfociti e i macrofagi interagiscono a livello della sede dell’invasione, amplificando la risposta immunitaria: vengono messi a punto anticorpi più specifici ed efficaci, nonché una forma di “memoria” biochimica riguardo al batterio invasore. Un’amplificazione simile della risposta immunitaria può avvenire sia nei linfonodi più vicini al sito d’infezione, sia in sedi più lontane, come la milza e il midollo osseo, dove si formano i linfociti.

A un certo punto, se tutto va bene, il sistema immunitario prende il sopravvento sul batterio e la malattia viene debellata.

SHOCK
Stato di insufficienza del sistema circolatorio, con riduzione del flusso di sangue ai tessuti periferici.

TALASSEMIA
Forma ereditaria di anemia

L’emoglobina ha la funzione di trasportare l’ossigeno fra i polmoni e i tessuti dell’organismo. In caso di anemia, l’emoglobina è insufficiente a rispondere al fabbisogno di ossigeno dei tessuti, in particolare dei muscoli e del cervello. Il termine talassemia, che deriva dal greco ed è composto di thálassa, “mare”, e hâima, “sangue”, è indicativo del fatto che questa malattia, detta anche anemia mediterranea, è più comune nelle popolazioni che vivono nelle zone costiere dell’Europa meridionale. Oggi è, tuttavia, noto che la talassemia è presente in tutto il mondo in diverse forme, le più note delle quali sono chiamate a- o b- talassemia, a seconda che siano rispettivamente mutati i geni per la catena a o b dell’emoglobina. Queste patologie sono probabilmente le forme ereditarie del sangue più comuni e le malattie più frequenti fra quelle causate dall’anomalia di un singolo gene.

Nella talassemia la struttura delle catene di emoglobina è inalterata, ma vi è assenza o riduzione di una delle catene a o b, a causa di anomalie nei geni che codificano per queste proteine. Ciò provoca uno squilibrio nella quantità di catene prodotte e, pertanto, le catene a o b predominano una rispetto all’altra. In assenza di un numero sufficiente di catene a cui legarsi, le catene precipitano e tale precipitazione interferisce con la formazione dei globuli rossi. Pertanto, il numero di globuli rossi prodotti è inferiore alla norma e fra di essi vi sono anche quelli contenenti le catene di emoglobina precipitate. Questi ultimi, a causa del loro contenuto hanno una forma anomala, per cui non riescono a passare attraverso i capillari più piccoli e, quindi, vengono distrutti prematuramente dall’organismo. Ciò provoca grave anemia e determina un tentativo di compensazione da parte del midollo osseo, il quale, per produrre globuli rossi a sufficienza si espande, causando gravi deformazioni del cranio e delle ossa lunghe.

THALASSAEMIA MAJOR O ANEMIA DI COOLEY
Nella thalassaemia major sono mutate entrambe le copie del gene che codifica per la catena b dell’emogolobina, che non viene, pertanto, sintetizzata. I sintomi si sviluppano generalmente nella prima infanzia. Se la diagnosi viene effettuata correttamente già in età neonatale e i pazienti vengono trattati con regolari trasfusioni di sangue, lo sviluppo è normale fino alla pubertà; a questo punto, tuttavia, il sovradosaggio di ferro derivante dalle trasfusioni può provocare una serie di disturbi epatici, cardiaci ed endocrini e normalmente il decesso avviene entro i 30 anni d’età per insufficienza cardiaca. Se non vengono sottoposti a trasfusioni, i bambini muoiono entro il primo anno di età. Se le trasfusioni sono insufficienti le ossa del cranio e degli arti si sviluppano in modo anomalo, provocando caratteristiche deformità; i soggetti colpiti presentano, inoltre, ingrossamento della milza, grave anemia, vulnerabilità alle infezioni e tendenza al sanguinamento, e, se arrivano all’adolescenza, vanno soggetti alle stesse complicanze da sovradosaggio di ferro di chi ha avuto trasfusioni sufficienti.

b-thalassaemia minor
Nella b-thalassaemia minor una sola copia del gene per la catena b è difettosa e in genere chi ne è affetto non presenta sintomi, se non in gravidanza, quando si verifica anemia.

a-talassemia
L’a-talassemia è dovuta a difetti nel gene che codifica per la catena a e può causare principalmente due tipi di disturbi. Il più grave è l’idrope grave congenito o sindrome di Bart, che provoca generalmente la morte del feto in utero o subito dopo la nascita. L’altro disturbo è la malattia da emoglobina H, costituita da quattro catene b normali e formata per compensare l’assenza delle catene a; i sintomi non sono gravi come nelle altre forme di talassemia e i pazienti di solito raggiungono l’età adulta, sebbene presentino comunque anemia e splenomegalia.

TRANSAMINASI
Gruppo di enzimi presenti nel fegato e in altri tessuti, che si liberano quando questi tessuti subiscono un danno e quindi sono usati nella diagnosi delle malattie epatiche e di molte altre patologie.

TROMBOCITI O PIASTRINE
I trombociti, più comunemente chiamati piastrine, sono piccoli derivati cellulari tondeggianti, privi di nucleo, di diametro pari a circa un terzo di quello degli eritrociti. Aderiscono alle pareti dei vasi sanguigni nella sede di una lesione, in modo da riempire la superficie della lacerazione. Esse liberano sostanze coagulanti che provocano la formazione locale di tromboplastina, un composto che contribuisce alla formazione del coagulo e che costituisce il primo passo nella guarigione di una lesione.